“Dio è uno, ma i saggi lo chiamano con molti nomi”.

L’Induismo, la religione la sacra dei trimurti (“trinità”) Brahma, Vishnu e Shiva, è tra le più diffuse al mondo e certamente la più antica fra quelle giunte fino ai giorni nostri. Radicatosi in India oltre 4000 anni, più che un vero e proprio culto religioso è considerato un modo di vivere, un codice di insegnamento per un approccio alla vita ispirato alla meditazione e alla contemplazione delle verità interiori.

 

Storia e filosofia della dottrina induista

A coniare il termine Induismo furono i coloni inglesi che invasero l’India verso la metà del XVIII secolo. Fu proprio Charles Grant, presidente della British East India Company e fervente cristiano evangelico, ad utilizzare per la prima volta il termine Hindooism per identificare la religione degli hindoo, praticata dalle popolazioni che abitavano la regione del Fiume Indo. Al tempo, infatti, gli occidentali orientalisti britannici si avvalsero di questo neologismo per designare l’insieme delle credenze e pratiche religiose dei nativi indiani che non risultavano musulmani, né appartenenti ad altre religioni.
Nel corso dei millenni, il culto induista ha compattato le proprie caratteristiche attraverso principi ispiratori e pratiche divinatorie comuni che hanno reso più omogenee le diverse sfumature territoriali. Uno dei pilastri portanti dell’induismo è la dottrina della reincarnazione (o metempsicosi), secondo cui, essendo l’universo un ciclo infinito di vita e di morte (samsara), una volta morti si ritorna alla vita sotto forma di essere umano o animale in base al comportamento tenuto nella vita precedente e all’osservanza dei precetti religiosi. L’individuo si reincarnerà in una condizione inferiore o superiore a quella antecedente, collocandosi in gruppi sociali differenti, detti caste e configurate secondo un modello ideale di funzioni di base.

  1. Brahmana, la casta dei sacerdoti;
  2. Khsatriya, la casta dei guerrieri;
  3. Vaishya, la casta di agricoltori, commercianti e artigiani;
  4. Sutra, la casta di contadini e servitori.

 

L’ordine cosmico e le divinità

Tutto ciò che mantiene e sostiene l’esistenza, regola il mondo e tutti gli esseri è il Dharma: l’humus di ogni cosa esistente, l’insieme delle leggi fisiche, biologiche ed etiche che mantengono la vita, promuovono la pace, la crescita e l’armonia tra gli individui.

Il dharma implica un ordine delle cose che deve riflettersi anche nelle azioni dell’uomo attraverso un codice di condotta che consiste nel seguire le leggi stabilite da Dio e servirlo con amore e devozione. Il riconoscimento del Veda, noto anche come śruti (‘ascolto' del verbo trascendente del Veda), quale unica fonte valida della verità suprema. Sebbene venga considerato il canone che incarna il criterio dell’ortodossia induista, il Veda non è rappresentativo di una religione globale, ma solo un sistema di riti.

Il divino, eterno, assoluto e infinito, non è solo una condizione trascendente; tutto è un aspetto del Divino e tutto può risalire ad esso nei suoi riflessi personali e cosmici. Per questo, in nome della tendenza monoteistica dell’induismo, è nella figurazione di una divinità polimorfa che viene rappresentato nella trimurti:

  • Brahma, nato da un fiore di loto, è il dio della Creazione: essere divino e detentore del potere sacro, è presente sia nell'atto del sacrificio compiuto dai sacerdoti, che nel Cosmo e nella natura.
  • Vishnu, il dio della preservazione cui è attribuita la capacità di discendere nel mondo terreno per manifestarsi sotto diverse forme materiali. Protettore dell’universo, di cui custodisce e gli equilibri, discende nel mondo terreno per aiutare i buoni, punire i cattivi e ristabilire l’ordine turbato.
  • Shiva, il dio della fecondità e re della danza tandava, che balla sulla schiena della morte e con cui detta il ritmo della distruzione o del riassorbimento del mondo. È dotato di un terzo occhio, con distrugge tutto ciò che guarda.